Chi, più di un orante, è in
grado di apprendere l'arte del dialogare col proprio sé?
Cos'è
meditazione se non l'andirivieni del pensiero dal moto del fiume
alla sorgente, e di nuovo al fiume?
Cos'è
strumento di conoscenza, che è ricerca di verità, se non l'esame
che mi specchia nel me più profondo?
La consapevolezza si nutre di
questo. E di silenzio.
Ma
oggi sono diventati troppi i luoghi in cui la presunzione della
propria onnipotenza ha abortito il dialogo con l'Immanente. Ed il sé
è rimasto solo, masochista inconsapevole. Auto-privato della
capacità di nutrire se stesso. Senza meta, senza guida. Tra altre
mille solitudini nascoste tra il rumore.
Ci è data tuttavia la
possibilità di riagganciare i dispersi. Partendo dal ridonare la
stima di sé come un piccolo assaggio di una più grande possibilità
di sentirsi amati: un sentire che è bisogno vitale.
Nel
momento in cui io insegnante ti metto in condizione di poter amare un
po' di più te stesso, riesco forse a farti anche alzare lo sguardo
su di me. Forse a farti venire voglia di sostenerti alla mia mano...
e accettare di essere guidato a “nutrirti” di nuovo per
proseguire senza più barcollare.
La
fiducia apre più facilmente all'ascolto... e al meditare... e al
voler sperimentare percorsi fino a prima rinnegati...
Possiamo ricondurli sulla
strada serena, ma solo volendolo fortemente. Solo attraverso vie
insospettabili costruite con strumenti... di platino.
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