“Nessun
uomo può dirsi libero
se
non è padrone di sé stesso.”
Epitteto
La
sindrome da AF
Secondo la psicanalisi ignorare il proprio sé modella
individui non in grado di distinguere tra l’immagine di chi credono
di essere e l’immagine di chi effettivamente sono, predisponendoli
alla depressione, al senso di vuoto e all’assenza di sentimenti.
In un articolo del Corriere del 2011, lo psichiatra Vittorino
Andreoli ha definito i nostri adolescenti degli “empiristi che
agiscono senza progettare l'azione e senza nemmeno chiedersi quali ne
siano il senso e le conseguenze.” Fragili adolescenti “digitali”
che, impregnati di esperienza virtuale, “vivono il tempo come una
frammentazione di attimi presenti”, incapaci di coltivare rapporti
duraturi. Portati a cercare emozioni nuove e sempre più intense,
fino a generare violenza, perché
privi di sicurezza interiore.
Ogni giorno i media stigmatizzano per noi i danni
provocati dalla fragilità psichica: lo
stalking,
i tentativi caleidoscopici di divenire qualcuno diverso da sé,
la
violenza domestica, la movida alcolizzata... Ma perché nessuno
riesce ad eliminare la
causa di
tutto questo?
Perché
la causa siamo noi : una
società educante che sì, teorizza, ma poi non
realizza situazioni idonee allo sviluppo dell'auto-conoscenza e
dell'auto-stima degli educandi affinché possano costruire un
adeguato rapporto con il proprio sé.
Il
luogo primario dell'educazione, la Scuola, non attua nessun piano,
strutturato e continuativo, predisposto espressamente a questo scopo.
A che serve etichettare con
una generica “crisi
dei valori” la
motivazione del disagio sociale, quando il 40-60%
dei miei alunni di ogni classe di prima media dimostra una profonda
insicurezza e comunica una serie di ricordi feriti della propria
autostima, mai rivelati prima ad alcuno e perciò mai cicatrizzati?
Più
di un terzo degli adolescenti di ogni classe presenta scarsa energia
vitale a causa di una sindrome etero/autoindotta che ostacola la
strutturazione del sé e inibisce le autentiche potenzialità
individuali. Io la
chiamo sindrome da Autostima
Fallata.
All'interno di una maggioranza che già procede di
classe in classe ignara di possedere talenti originali, un notevole
numero di alunni si trascina zavorrato dalla convinzione erronea (più
o meno consapevole) di essere privo delle capacità intellettive
richieste. Oltremodo zavorrato quando questa percezione carente di sé
si colora di una “non appartenenza” sociale o/e affettiva
rispetto al gruppo dei pari.
Psicologicamente
fragili e perciò ancor più assetati di attenzioni e consensi, se
non sollecitamente curati da educatori validi, si trasformeranno in
poco tempo in millantatori di visibilità. Continuamente a rischio di
trasformare cibo, denaro, partner, alcool, fumo, pasticche, sesso,
gioco, violenza... in placebo ai quali aggrappare le proprie zavorre
inesplorate.
Si
ritroveranno a rischio di percorrere vite in bilico perché fallati
nella capacità di sperimentarsi autenticamente liberi.
Impossibilitati a generare felicità autentica per sé stessi e per
gli altri.
E' ammissibile ritenere che il vortice di fragilità
che stiamo vivendo ci abbia presi un po' alla sprovvista, dato che si
è andato sviluppando in modo silenzioso, tra le pieghe della vita
quotidiana di questi ultimi sessant'anni durante i quali l'entrata in
vigore della legge sul divorzio e la contemporanea accelerazione
mediatica hanno aperto la porta ad una esplosione di criticità.
Tuttavia, se è vero che solo ora verifichiamo i danni subiti dai
figli sballottati “da casa a casa” o da quelli parcheggiati in
braccio a televisori, computer e play-station... resta il fatto che
li abbiamo noi, educatori mandatari, lasciati soli ad inventarsi una
strutturazione della personalità che è incompatibile con la
solitudine del sé e con la mancanza di attività manuali. Non ci
siamo resi conto che sessant'anni fa la presenza costante di figure
di riferimento e la possibilità di esperimentare la propria
creatività, permetteva una maturazione psichica spontanea nel pieno
rispetto della successione richiesta dalla scala di Maslow
. Mentre oggi, non appagati i bisogni del terzo e quarto gradino,
il bisogno di auto-realizzazione resta sospeso, privo di strumenti
che permettano di avanzare con sicurezza verso l' ampliamento
dell'esperienza. E i tentativi andati a vuoto si moltiplicano.
I
ragazzi che oggi lamentiamo incapaci di alzare lo sguardo oltre
l'invidiato verde del vicino o già costruttori di prepotenza, lo
sono solo perché ignari del tesoro che nascondono e della
possibilità che avrebbero di appropriarsene se condotti per mano.
Non lo affermo io, ma la mia esperienza sul campo.
Non direi che sia
la ricerca del proprio centro
il perno attorno al quale ruota da secoli l'evoluzione del nostro
mondo occidentale.
Da
sempre sproniamo gli individui a volgere all'esterno il proprio volto
poggiando l' indice continuamente, Chiesa in testa,
su : “Ama il tuo prossimo...”, “ Volgi su di lui il tuo
sguardo...”. Del tutto dimentichi del: “...come
te stesso” , “...dopo aver dato valore a te stesso”, “...dopo
aver imparato ad amare te stesso”.
E
come potrò amarmi se prima non avrò volto lo sguardo alla scoperta
di chi sono? Come potrò collezionare stima di me?
Privo
di fondamenta, sarò per forza impossibilitato
a costruire! Compresa la capacità di amare gli altri.
Il
mio amare te si restringerà ad essere solo l'alibi traballante della
mia convinzione di esistere. Continuamente a rischio di soffocare
entrambi, quando dovrebbe essere invece l'estensione feconda di una
libertà costruita con gioia da me per me stesso.
Come possono gli adulti chiedermi di produrre del bene
intorno a me, se prima non mi hanno fatto percepire che sono in grado
di farlo? Se hanno solo continuamente ripetuto cosa “devo
fare”,
senza farmi accertare
con mano
che la mia mente, valida
e originale, è in grado di fare ?
Posso
aver ascoltato mille volte parlare di valori che devo
interiorizzare... ma se non ho ancora costruito la capacità di
dialogare con me stesso... Se non ho ancora fatta mia la
consapevolezza di me, della mia mappa, e perciò della mia posizione
percettiva... Come potrò fare miei: la determinazione, la ricerca
del vero, la valutazione positiva del diverso da me, il
sacrificio...?!!
In un mondo che stimola la mia mente fin dall'infanzia a
lanciarsi continuamente fuori da se stessa alla rincorsa di migliaia
di stimoli visivi, come posso immaginare che esista una condizione
fondamentale chiamata consapevolezza
che nasce da un percorso esattamente inverso ?
A
che varrà scoprire a trent'anni che senza l'essere
il possedere è solo menzogna, quando avrei dovuto sperimentare
“nella carne” cosa significa essere,
fin da bambino?
Questa società è gravemente malata perché gli
individui che la compongono non sono stati incoraggiati nelle aule
scolastiche a visitare l'interno di sé stessi e ad esserne fieri.
Non sono stati spinti ad acquisire la certezza di possedere talenti
personali, ed a costruire quella determinazione che è
imprescindibile per il conseguimento di ogni meta.
Sono certa che sia la sindrome da AF la spia
antesignana di qualunque disagio, e che la celerità con la quale
potrebbe essere “scovata” e curata al suo primo manifestarsi, o
ancor meglio, totalmente prevenuta nella scuola elementare e media,
rappresenti la garante proporzionale della possibilità di
insorgenza di future criticità.
Il problema è che in Italia non vengono predisposte
programmazioni scolastiche specifiche
per istruire a
percepirsi ok. Né per impedire l'insorgere della sindrome da AF,
né per stimolare sistematicamente l'originalità personale in
funzione di un doveroso successo affettivo e lavorativo.
Sarebbe tempo di farci carico di una verità di cui ci
siamo disinteressati troppo a lungo:
Non
nasciamo fisiologicamente certi di essere ok.
Dobbiamo
venire istruiti a
percepirci ok.
Deve
divenire priorità
dell'insegnamento la preoccupazione di mettere tutto ciò come focus
principale sotteso
a qualsiasi tipo di attività didattica.
E'
urgente che tutti i docenti inizino a chiedersi :
In quale modo posso allenare i miei ragazzi alla
percezione di sé?
In quale modo posso far costruire loro soddisfacenti
immagini di sé?
Mi sto preoccupando di offrire loro chiavi di felicità
presente e futura?