Perché
i ragazzi a scuola si annoiano? Perché non hanno nulla da fare se
non ascoltare, ascoltare... impegnarsi, impegnarsi... senza un
riscontro immediato.
Ma
se noi dicessimo: “Adesso giocheremo a bowling e segneremo quanti
birilli sarete riusciti a buttare giù” vedreste come si
sveglierebbero subito tutti, entusiasti dal primo all'ultimo.
Nel
loro “One Minute Manager” K. Blanchard e S. Johnson affermano che
“il feedback sui risultati è il pane dei campioni” perché “la
principale motivazione umana sta nel vedere il risultato delle
proprie azioni”. Il risultato positivo però, attenzione! Il numero
dei birilli che ho buttato giù mi appaga, non il n° di quelli che
ho lasciato in piedi!
Valutare
subito la parte positiva della performance di un ragazzo è
come dire a chi ha lanciato : “Sei riuscito a buttare giù 4
birilli!” Avrà voglia di provarci di nuovo con ancora più
determinazione.
I
ragazzi hanno bisogno, e desiderano, e trovano soddisfazione nel
percepirsi soggetti agenti alla scoperta delle proprie capacità.
Desiderano essere valutati perché in tal modo il loro apprendere
assomiglia maggiormente a quell'agire capace di soddisfare il
desiderio di vedere “la propria impronta nella sabbia”1.
La
loro applicazione alla consegna ricevuta acquista un senso perché
produce qualcosa di concreto ai loro occhi: la valutazione immediata.
Qualunque
lavoro esige una remunerazione. A maggior ragione il faticoso lavoro
intellettivo dell'apprendere deve soddisfare l'esigenza del
ragazzo di averne un riscontro. Non è differente da qualunque altro
tipo di lavoro che attenda ricompensa.
Non
basta al presente del ragazzo l'informazione che lo studio “gli
servirà per il futuro”, non stimolerebbe all'azione qualunque
mente “logica”, figuriamoci questa digital generation, come
la definisce lo psichiatra V. Andreoli2,
composta di giovani che non vivono oltre lo stimolo presente,
incapaci di elaborare strutture mentali in grado di traghettarli da
qui al futuro.
Dare
consegne con obiettivi raggiungibili in 10 minuti allora, può fare
la differenza. L'ha fatta nella mia esperienza sicuramente. Ho
insegnato ai miei ragazzi che migliorare significa mutare il
risultato del mio impegno intelletto-motorio non in un mese di
allenamenti, ma in non più di cinque/ dieci minuti.
Solo
cinque/dieci minuti, perché è tutto il tempo di cui abbiamo bisogno
affinché la mente osservi quanto ottenuto, indaghi criticamente
l'operato e richieda aggiustamenti.
A
patto naturalmente che siano state messe in atto dal soggetto le due
strategie di cui non possiamo fare a meno: la concentrazione e
l'auto-osservazione3.
La
capacità di andare al centro delle mie facoltà investigative per
poter indagare criticamente su ciò che sto producendo è il perno su
cui poggia tutta la costruzione dell'apprendere. La consapevolezza
che mi sarà detto, tra 10 minuti, quanti birilli sono riuscito a
buttare giù, è uno stimolo in grado di spingermi a voler utilizzare
un tale perno. E, inoltre, una volta che l'avrò usato e trovato
produttivo, sarò sicuramente maggiormente interessato a usarlo
ancora, e ancora, con sempre maggior dimestichezza .
1
La sola cosa che conta non è forse scoprire ogni giorno chi siamo?
2
Articolo “Adolescenti digitali” del 9/1/2011 del Corriere della
sera
3
Proprio quelle che vengono lasciate in cantina da chi non ha
motivazione al fare.
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