mercoledì 18 ottobre 2017

Motivare

Perché i ragazzi a scuola si annoiano? Perché non hanno nulla da fare se non ascoltare, ascoltare... impegnarsi, impegnarsi... senza un riscontro immediato.
Ma se noi dicessimo: “Adesso giocheremo a bowling e segneremo quanti birilli sarete riusciti a buttare giù” vedreste come si sveglierebbero subito tutti, entusiasti dal primo all'ultimo.
Nel loro “One Minute Manager” K. Blanchard e S. Johnson affermano che “il feedback sui risultati è il pane dei campioni” perché “la principale motivazione umana sta nel vedere il risultato delle proprie azioni”. Il risultato positivo però, attenzione! Il numero dei birilli che ho buttato giù mi appaga, non il n° di quelli che ho lasciato in piedi!
Valutare subito la parte positiva della performance di un ragazzo è come dire a chi ha lanciato : “Sei riuscito a buttare giù 4 birilli!” Avrà voglia di provarci di nuovo con ancora più determinazione.

I ragazzi hanno bisogno, e desiderano, e trovano soddisfazione nel percepirsi soggetti agenti alla scoperta delle proprie capacità. Desiderano essere valutati perché in tal modo il loro apprendere assomiglia maggiormente a quell'agire capace di soddisfare il desiderio di vedere “la propria impronta nella sabbia”1.
La loro applicazione alla consegna ricevuta acquista un senso perché produce qualcosa di concreto ai loro occhi: la valutazione immediata.
Qualunque lavoro esige una remunerazione. A maggior ragione il faticoso lavoro intellettivo dell'apprendere deve soddisfare l'esigenza del ragazzo di averne un riscontro. Non è differente da qualunque altro tipo di lavoro che attenda ricompensa. 
Non basta al presente del ragazzo l'informazione che lo studio “gli servirà per il futuro”, non stimolerebbe all'azione qualunque mente “logica”, figuriamoci questa digital generation, come la definisce lo psichiatra V. Andreoli2, composta di giovani che non vivono oltre lo stimolo presente, incapaci di elaborare strutture mentali in grado di traghettarli da qui al futuro.
Dare consegne con obiettivi raggiungibili in 10 minuti allora, può fare la differenza. L'ha fatta nella mia esperienza sicuramente. Ho insegnato ai miei ragazzi che migliorare significa mutare il risultato del mio impegno intelletto-motorio non in un mese di allenamenti, ma in non più di cinque/ dieci minuti. 
Solo cinque/dieci minuti, perché è tutto il tempo di cui abbiamo bisogno affinché la mente osservi quanto ottenuto, indaghi criticamente l'operato e richieda aggiustamenti.
A patto naturalmente che siano state messe in atto dal soggetto le due strategie di cui non possiamo fare a meno: la concentrazione e l'auto-osservazione3
La capacità di andare al centro delle mie facoltà investigative per poter indagare criticamente su ciò che sto producendo è il perno su cui poggia tutta la costruzione dell'apprendere. La consapevolezza che mi sarà detto, tra 10 minuti, quanti birilli sono riuscito a buttare giù, è uno stimolo in grado di spingermi a voler utilizzare un tale perno. E, inoltre, una volta che l'avrò usato e trovato produttivo, sarò sicuramente maggiormente interessato a usarlo ancora, e ancora, con sempre maggior dimestichezza .

1 La sola cosa che conta non è forse scoprire ogni giorno chi siamo?
2 Articolo “Adolescenti digitali” del 9/1/2011 del Corriere della sera
3 Proprio quelle che vengono lasciate in cantina da chi non ha motivazione al fare.

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